DADDY KOOL GOES DANCING

 Beh, insomma, Daddy Kool sarei io, vuole dire "Papà figo" ed è anche il titolo di una canzone di Boney M. (?!), un gruppo disco degli anni '70, è un nomignolo che mi sono appioppato sabato scorso, quando sono andato a ballare. Ha a che vedere con la mia età e anche con il fatto che il posto era davvero molto figo.
 Ma andiamo per ordine. Avevo una gran voglia di muovere le chiappe a ritmo e anche di vedere un po' di gente. Dopo qualche telefonata e vista l'ora, decido per una discoteca in centro, l' "18th Street lounge", che già più o meno conoscevo, lasciando perdere per il momento un'altra sala frequentata da gente di colore, più lontana e meno... facile e parto, a piedi. Fa un freddo bestiale, ma dopo aver camminato una ventina  di minuti mi sono già riscaldato. Arrivo alla porta, il solito nero alto due metri mi chiede i documenti, per controllare se ho più di 18 anni (lo fa con tutti, evidentemente) e poi mi guarda le scarpe. Io porto le Nike scarpegrossecervellofino e non riesco a fargli credere che non sono "tennis shoes", vietatissime, a quanto pare. Così batto in ritirata.
 Daddy Kool non si arrende per così poco, baby... Due fermate di metro, una passeggiata veloce verso il mio appartamento, rapidissimo cambio di scarpe, inforco la mia Olmo ed eccomi alla porta di nuovo, in quaranta minuti. Stavolta trovo un tipo abbronzato, largo due metri e con in testa un esilarante cappello di stoffa da borse griffata Gucci. Vorrebbe fermarmi perché sono da solo e, come un cretino, altro che Kool, ho anche risposto "no" alla domanda di riserva "hai un appuntamento dentro?". Così mi salvo solo per questa volta, ma "Next time you have to come with a girl, capisc?" e pagati i dieci dollari sono finalmente dentro.
 Su per le scale si sale al paradiso: età media piuttosto bassa per i miei gusti, ma splendide figliole e ragazzetti, sono veramente orgoglioso dei miei Kids, da buon Daddy Kool. Vado a depositare la giacca al secondo piano, la lascio a un tipo di colore che si arrampica dentro il sottoscala per piazzarla chissà dove.
 Sotto, la musica ancora non decolla, mettono dei pezzi di fusion latino - funky - tribale che sono da ascoltare più che da ballare e così faccio un giro. Pare che , grazie al tipo abbronzato, da soli come me ce ne siano pochi. Il primo piano del locale è quello più ampio, con un bel bancone al centro dell'ex-appartamento che occupa, un'ala destinata a pista da ballo, un'altra a conversatorio, con camino acceso e divanetti, così come tutt'un altro spazio, speculare e dotato di un altro bancone. Dopo aver fatto una prima vasca, mi prendo il mio bicchiere di vino bianco americano (moooolto Kool) e me ne vado a spasso per il locale.
 Le ragazze sono piuttosto eccitate, c'è una bella atmosfera, moltissimo fumo di sigarette e in questo momento tutti sono intenti a bersi qualcosa, in genere dei cocktail preparati da un barista vagamente cinese, con una t-shirt leopardata e un'agilità felina, nonostante la corporatura non esile. Sforna superalcolici a manetta e certo sono gli avventori a dargli il ritmo. La clientela è prevalentemente bianca, di neri ce ne sarà il 2-3%, ma quelli che ci sono hanno molto successo, beh, quasi tutti. Mi stupisce, anche se ci avevo fatto caso altre volte, sia qui che in Italia, il fatto che ragazzi e ragazze siano in genere piuttosto alti... saranno le vitamine, o il basket, comunque funziona...
 Al secondo piano ci sono degli strumenti incustoditi, a un certo punto arriva la band e comincia a fare del latino - jazz moooolto Kool, devono ancora scaldarsi e qualche volta il batterista mi pare se ne vada troppo per i fatti suoi, poi pian piano passano agli "standard" e l'interpretazione si fa più fluida e organica, niente voce però. Tutti gli avventori fumano, e tra una sessione e l'altra mi compro anch'io un pacchetto di sigarette, vietatissime per quanto mi riguarda, ma indispensabili per non sentirsi marziano. A un certo punto il gruppo attacca "Girl from Ipanema", con mia grande gioia, e una esuberante ragazza di colore si fa strada tra le diverse coppie che ballano e si dirige verso i musicisti. Prontamente, il percussionista molla ciò che ha in mano e la invita a ballare, è più largo che alto, ma ha una bella giacca da sera, una pettinatura a posto e poi giostra la sua improvvisata compagna che è un piacere. Il tastierista, che è anche il leader e il più anziano, sornione li guarda di sottecchi accarezzando con le dita la tastiera della sua pianola Fender mooolto Kool oltre che seventies e immaginando, come dice Montand di "jouer le piano tous à le long de son dos".
 Beh, è ora di ballare, è ormai l'una passata e il Dj comincia a proporre qualcosa di più ritmato. Sulla pista sono tutte in coppia o in compagnia, perciò c'è poco da fare amicizia, è d'uopo scatenarsi e non pensarci più. Certo, arriva un momento nel quale l'affollamento è tale che non ci si entra quasi più e qualche pezzo non è affaaaaaattto Kool, diciamo che scassa... le orecchie, però nel complesso mi diverto un bel po'. Ci sono i soliti due o tre che ballano benissimo, la maggior parte se la cava e per lo spazio che c'è sono tutti più che civili.
 Sudatissimo, cerco di rallentare in previsione di un simpatico ritorno a casa, in bici, nel gelo... quando mi innamoro improvvisamente della cameriera. Decido di bere due bicchieroni di acqua con ghiaccio (inutile sperare di averla senza) in suo onore e di tenerle compagnia mentre fuma una sigaretta. Nel senso che rimango muto a guardarla, Daddy Kool è bravo (?!) a ballare, mica a fare il cascamorto, che hai capito baby? Però poi la cameriera se ne va a fare un giro ai tavoli e il Dj tira fuori dei pezzi fichissimi, un po' tipo i Liquid Liquid, quelli che nel 1981 avevano già fatto la base di "White lines", un pezzo piuttosto famoso dei newyorchesi Grandmaster flash & the furious five, insomma roba tribalissima, solo percussioni e mi tocca squagliarmi di sudore, non resisto.
 Ok, nel frattempo la pista è più libera e quindi ballare è molto più divertente. Sono le 2,30, Daddy Kool ha sonno e le migliori ragazze sono andate a casa, ci sono rimasti solo gli italiani con i telefonini, che cercano di capire dov'è la prossima festa. Meglio svanire che sperare, e poi i bioritmi chi li sente?
 Inforco la mia Olmo e me la pedalo a casa, anzi... a Kasa!!!

Washington, 21.02.01
Marco Saladini

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